Intervista a Fabrizio Simonetti di Intercall Sh.p.k., esperto in sondaggi di opinione.
D. In occasione delle recenti elezioni europee, in Italia è apparsa evidente una generale debolezza di capacità previsionale dei sondaggi d’opinione. Come la commenta?
R. E’ vero: gli Istituti di Ricerca italiani che hanno pubblicato i propri sondaggi elettorali hanno tutti dimostrato poca “capacità previsionale”… per usare il suo termine elegante. Purtroppo non è la prima volta. Era già successo alle ultime elezioni politiche, quando il grande risultato del Movimento 5 Stelle (oltre il 25% dei voti) era stato sottovalutato e sottostimato. Ora sono stati i numeri in gioco a rendere tutto piu’ evidente. I due esempi estremi: la totalità dei sondaggi delle settimane precedenti alle Europee stimavano il Partito Democratico tra il 28 e il 33 per cento. Invece ha ottenuto il 40,8% dei voti. I sondaggi della vigilia davano al M5S quello che gli Istituti “ritenevano sarebbe stato” il risultato del Partito Democratico (cioè tra il 28 e il 33 per cento), mentre ha avuto il 21,1 % dei voti.
D. Quali possono essere i motivi di tale poca aderenza alla realtà?
R. Sbagliare di qualche punto rientra nell’errore statistico, ma “uno svarione” di una decina/quindicina di punti nel risultato di un sondaggio può derivare solo da due cause: una carenza nella fase della rilevazione o un grave errore di valutazione dei dati ottenuti. O entrambe le cose, naturalmente.
D. Potrebbe chiarire questo punto?
E’ possibile che, nel caso delle rilevazioni del consenso politico in Italia, il sistema delle interviste telefoniche realizzato come d’abitudine, non assicuri più una risposta adeguata alle necessità qualitative della indagine. In questo caso, concordo con quanto oggi pubblica il Corriere della Sera intervistando – riguardo al “ flop dei sondaggi”- lo psicanalista professore di Psicopatologia Generale Massimo Ammanniti, che dice: “Forse la metodologia dovrebbe cambiare per porre diversamente le domande. Meno dirette, più esplorative.”
D. Sappiamo di lamentele di italiani che ritengono inadeguato e non qualificato il personale che telefona loro per intervistarli. Quanto può concorrere, in caso di flop generale, la capacità professionale dell’intervistatore?
R. Occorre considerare che gli italiani sono già irritati per le tante telefonate di “vendita” che ricevono. Alla richiesta di intervista riguardante la politica o l’intenzione di voto, spesso accettano malvolentieri e poi danno risposte approssimative. Però la qualità professionale degli intervistatori non può essere un aspetto secondario in un caso eclatante come quello di cui parliamo. Da tempo si registra, negli Istituti italiani, un aumento di pressione sugli intervistatori perché “siano più veloci”, dato che i costi sono legati ai tempi di durata di un’intervista. E’ certamente un rischio, perché un intervistatore – magari non ben controllato – può effettuare interviste sostanzialmente inesatte perché salta alcune domande o, peggio, risponde lui stesso al posto dell’intervistato. Con il risultato che viene falsata la rappresentatività del campione intervistato, e di conseguenza le estrapolazioni all’universo della popolazione… sono “sballate”.
D. Cosa si può fare per impedire che una simile “debolezza previsionale” si ripeta in futuro, magari coinvolgendo anche il lavoro dei giovani albanesi?
Posso rispondere solo per la società Intercall che dirigo, dove sono utilizzati sistemi di Quality Control tali per cui queste problematiche non sono presenti.
Tuttavia, pur non avendo dati diretti sugli ultimi sondaggi d’opinione svolti dall’Albania verso l’Italia, mi appare evidente che il perdurare dell’uso delle risorse lavorative albanesi secondo criteri di puro vantaggio economico è a scapito della professionalità. Purtroppo si tende ancora a considerare l’Albania come una sede logisticamente ed economicamente vantaggiosa per la realizzazione di maggiori profitti sugli incarichi professionalmente non qualificanti.
D. Lei ha diretto per sette anni anni quale CEO la società Grid sh.p.k., che fa capo ad un noto Istituto di Ricerca italiano. Oggi, cosa ritiene importante per lo sviluppo della sua attività in Intercall sh.p.k?
R. Sono dallo scorso anno alla guida di Intercall www.intercall-albania.com di Scutari, fondata nel 2011. La società dispone di circa 100 operatori ed intervistatori, con spazi e tecnologie per un incremento del 100%, finalizzato ai sondaggi d’opinione diretti all’Italia e all’Europa, oltre che ad attività inbound e outbound. So che i risultati operativi di una Società sono sempre conseguenza dell’impegno profuso, quindi ho investito sulla qualità professionale di tutto il personale, per sviluppare un gruppo che ha le competenze necessarie a rendere fortemente concorrenziale la nostra attività.
Per questo sono convinto che Intercall sia già in grado di aiutare gli Istituti di Ricerca Italiani a cambiare i vecchi metodi di rilevazione di consenso elettorale per migliorare l’insieme del loro sistema previsionale. E, chissà, forse concorrere a far superare il divieto di pubblicare sondaggi nei 15 giorni precedenti al voto. Perchè, come si dice: “In America i sondaggi sono permessi fino all’ultimo, e non ci sono flop.”
Tirana, 29 maggio 2014
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